Riduzione di CO2 e diffusione delle rinnovabili: tagliare i sussidi alle fossili è la soluzione?

Pubblicato il 19/02/2018

I ricercatori del Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) hanno pubblicato uno studio intitolato “Limited emission reductions from fuel subsidy removal except in energy-exporting regions” nella quale cecano di affrontare il problema legato alla riduzione di emissioni di CO2.

In questo studio viene ipotizzata l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili, che interesserebbe quindi per la maggior parte esportatori di gas e petrolio, la quale condurrebbe a importanti risultati sia sull’uso delle rinnovabili sia sulla riduzione delle emissioni.

Secondo una stima si arriverebbe a livello globale, ad avere una diminuzione sulla produzione di CO2 compresa tra l’1 e il 5%, ovvero ad una quantità che si aggirerebbe tra lo 0,5 e i 2 miliardi di tonnellate di CO2, numeri ben lontani da quelli fissati nell’accordo di Parigi, che richiedono un diminuzione che va da 4 a 8 milioni di tonnellate di CO2.

Un fattore influente nell’ipotizzare i tagli sui sussidi ai combustibili fossili è sicuramente la localizzazione geografica in cui le riduzioni verrebbero applicate.

Nello studio viene infatti ipotizzato che, un taglio ai sussidi nella zona del Medio Oriente, Nord Africa, Russia e America Latina, paesi tra i maggiori esportatori di petrolio e gas, porterebbe a una riduzione nella produzione di CO2 uguale o addirittura maggiore di quella prevista nell’accordo di Parigi.

Lo stesso principio applicato in paesi come India o diverse aree africane avrebbe un impatto immediato sulle bollette e sui bilanci familiari, interessando la fascia di popolazione con reddito più basso.

 

Alla luce di questi fattori l’unica soluzione più idonea sarebbe la tassazione della CO2, che comporterebbe però la necessità di sviluppare nuove tecnologie e abbassare i costi di quelle esistenti, fattori che così richiederebbero maggiori investimenti nell’innovazione.

 

Fonte: qulenergia.it

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